mercoledì 14 dicembre 2011

Il Portiere di Notte all' Azzurro Scipioni

Questa domenica sono stato all'Azzurro Scipioni ( http://www.azzurroscipioni.com/ ) , che segnalo con un certo entusiasmo, in apparenza (e credo nella sostanza) una tempio di cinema e poesia (nel volantino c'è scritto <<ingresso gratuito ai netturbini>>), programmato da Silvano Agosti ( http://www.silvanoagosti.com/ ).

Il film che ho visto è stato <<Il portiere di notte>> (1974) della Cavani, un film che parla di noi, degli uomini tutti, dell'impossibile fuga dal male e dal dolore che ci appartiene, del conseguente tentativo di rifugiarsi nell'amore come unica via d'uscita. Parla della follia, mettendone in luce le difficoltà di definizione quando la ragione diviene non più contrapposta o giustapposta ad essa ma subalterna ad una passione che è tutt'altro che animale; è anzi essa stessa , passione e follia, la sola cosa che rimane umana, l'essenza stessa dell'umanità.

martedì 6 settembre 2011

Fine d'estate

Dopo una breve ricerca ho ritrovato Cassiopea, ma le stelle dell'Orsa Maggiore sono sparite, nascoste tra l'alone di luce del Ministero Aeronautica.

A. mio, lo ricordi quel campo da tennis abbandonato nel bosco?
Cosa ci hanno insegnato quelle lunghe estati a S.Lorenzo passate insieme sul campo a giocare la nostra interminabile partita? Cosa ci hanno insegnato quei lunghi meriggi estivi passati davanti al solito film di Bud Spencer o Franco e Ciccio? E quelle interminabili passeggiate in macchina ad ascoltare De Andrè? I nostri occhi appena sopra il finestrino: avari nello scrutare un  mondo carico di seducenti misteri, mai svelati in quei paesaggi sempre uguali a se stessi: le vigne, i campi di girasole, i cartelli pubblicitari al bordo della strada. E poi il tempo del ritorno, che celava qualche volta la speranza di ritrovare i nostri genitori, la loro macchina parcheggiata sotto casa, in un tempo senza telefoni in cui tutto era possibile e la felicità ancora così a portata di mano.

mercoledì 17 agosto 2011

Parlano le mura di palazzo Cenci (con la voce delle Strolling Stories)

Seguendo un suggerimento sulle pagine del Corriere della Sera di Roma del 15 Agosto, ho prenotato una passeggiata narrante nel ghetto di Roma. Più precisamente un piccolo gruppo teatrale ( Strolling Stories ) porta a passeggio gli spettatori, calandoli nelle atmosfere delle cupe vicende sviluppatesi intorno al conte Francesco Cenci e reinterpretando le Cronache italiane di Stendhal attraverso la narrazione di una delle sue vittime: la sposa Lucrezia Petroni.  La drammatizzazione è essenziale e delicata. Le fa da cornice il monte dei Cenci con i suoi cupi palazzi, che sembrano partecipare con la loro silenziosa e profonda voce alle vicende narrate, aggiungendo un terzo implicito livello alle due linee narrative offerte dalla voce appassionata di Giovanna Conforto (che interpreta il personaggio di Lucrezia e che parla diretta ed immediata alla nostra anima) e da quella chiara di Daniela Corradini (che riporta la vicenda nel suo ambito storiografico, rivolgendosi alla parte razionale di noi) .

martedì 16 agosto 2011

Sfilata davanti ad un misantropo (al tempietto del Bramante)

25 marzo 2011, San Pietro in Montorio, tempietto del Bramante, un misantropo scrive seduto sulle scale...

Mi chiedo imbarazzato se ci sia qualcosa che mi renda felice e mi appaghi completamente. Mi verrebbe da rispondere che si, una cosa c'è: il contatto con la natura ed insieme ad esso un allontanamento dagli uomini. Le loro voci rumorose mi arrivano come grossolane e volgari. Parlano del tempietto del Bramante che si trova alle mie spalle: <<E' bellissimo, hanno fatto bene a farlo all'aperto.>>, ..3 donne, all'accademia spagnola. Ho perso fiducia nel prossimo o forse non ho ancora smesso di averne paura. Mi piacciono quelle figure delicate, dal tono soave della voce, che parlano silenziose e intervallano le brevi conversazioni con delle lunghe pause.

giovedì 11 agosto 2011

Il frutto amaro di un fiore mai colto

Troppo piccolo il cuore per contenere le infinite possibilità della vita,
troppo avaro per lasciarne andar via anche una soltanto.
Ed in questo perenne sovraffollamento rischia di scoppiare,
spargendo al suolo i frutti amari di quei fiori mai colti.
Triste libagione che propizia un triste  Dio.

Ed allora cosa possiamo fare? Forse scegliere?
Come Adamo ed Eva posti davanti all'albero della conoscenza
qualsiasi decisione prenderemo, il nostro paradiso ci verrà sottratto.

Se scegliere non si può, ricorreremo all'inganno:
Ci faremo mendicanti e raccoglieremo  quei resti lasciati sul terreno.
Ci faremo bari al cospetto di Dio per reinserirli nel ciclo infinito dell'esistenza
e concederci un'unica possibilità.

Ed arriverà forse il nostro tempo:
mille vite prima dell'unica insieme a te
E mille altre dopo ne tollererò ancora,
per quell'unico istante insieme.

domenica 7 agosto 2011

L'estasi della Sciamana

Ho visto ballare una sciamana impazzita
era seduta sulla cappelliera del mio scompartimento.
Si agitava convulsamente nel tentativo disperato
di squarciare il velo che separa le nostre realtà.

Ed alla fine, ahimè, non vi è riuscita:
esausta, triste e disperata si è abbandonata
piangendo la sua sorte di relegata tra il dentro e il fuori,
prigioniera di un tempo che scorre diverso dal mio.

lunedì 25 luglio 2011

Auditorium Madrid

Questo Albergo assomiglia ai recessi di certi pensieri:

Immenso, grandioso, con degli interni pretestuosi.
Ma lontano dalla vita vera.
Tutto vuole sembrare più grande , anche il tempo ha bisogno di cento pendole per non arrivare in ritardo. E tanti camerieri si affaccendano qui dentro per niente. 
Servendo una vita di plastica che solo serve a dormire una notte o due. Ma non di più. Per dormire a lungo serve la vita vera, quella opaca e senza riflessi che si trova semmai in alcuni alberghi del centro. 

La cosa che appare più strana è come tutto questo cemento possa reggersi in piedi su basi così molli. Sembra un elefante in equilibrio su una ragnatela.  L'offerta week-end il lobby-bar il rapporto qualità-prezzo? Due elefanti ubbriachi sul filo di una ragnatela.  Ed il pianista? Una mosca solitaria caduta nella tela, che fa sentire il suo agonizzante ronzio. Ed il ragno non si vede. È nascosto bene. Ma anche questa è vita, come ogni miracolo forse più vita del resto!

sabato 23 luglio 2011

Parole...

Sapete perché amo le parole?

Perché descrivono, parlano, raccontano,
traducono i nostri pensieri in delle forme assurde,
in parte li svelano, in parte li rendono inaccessibili.

Amo le parole perché una sola di esse sintetizza mille pensieri
ed altri mille germogliano dallo stesso seme,
in un gioco caleidoscopico di forme mutevoli.

E poi amo le parole perché sono piccole e fragili,
nate in apparenza per vivere pochi istanti,
umili, senza pretese,
vivono del nostro amore,

fragili forme sostenute da esseri tanto più fragili,
per questo poetiche ed eroiche;
si sforzano di descrivere qualcosa senza mai riuscirvi in pieno,
patetiche ed ironiche.
Maggiore è lo sforzo di nettezza tanto più grande il loro imbarazzo.

domenica 17 aprile 2011

Spine

Vorrei aprire i miei sensi per poter toccare la vita impenetrabile,
come un istrice poter pungere quella fortezza dove tu sei rinchiusa, irragiungibile.

Come un plastico tiratore di scherma,
in un impeto improvviso ed inopportuno
apro il mio corpo intero ai tuoi facili colpi,
rimango ferito, sanguinante ancora,
ripiegato su me stesso a coprire le mie ferite.

Allora penso che adesso basta con questo centellinare la vita a colpi di fioretto.
Visto che non ti posso colpire, visto che non ti posso ferire, visto che non ti posso guarire,
sarebbe meglio lasciare stare, voltarti le spalle ed uscire dalla porta sul retro.

Avevo pensato di poter versare il mio poco sangue per te, goccia a goccia,
impreziosito da questa veste bianca; ma nemmeno questo posso.

Non mi rimane che la strada, incontrare le altre persone vestite d'autunno, il loro incedere regolare su questi marciapiedi che mi portano non so dove. Una piazza, una via, da essa mille altre vie, ne prenderò una, entrerò in un portone, salirò delle scale arriverò in un terrazzo che si affaccia su un orizzonte incerto. Terrò caro il mio poco sangue e cercherò di farmelo bastare il più a lungo possibile.

Come un cactus abbarbicato sulla roccia, il mio corpo nel frattempo è cresciuto a dismisura e le mie radici sono rimaste piccole; ed allora invidio le quercie ed i pini, vorrei  espandermi nella tua fertile terra con la loro prepotenza. Ma ho solo spine sulla mia pelle, che pungono l'aria per carpirne i nascosti odori. 

Mi basteranno allora le prime fioriture in primavera che mi ricorderanno te.
Arriverà poi da lontano il profumo pungente del mare.
L'abbraccio caldo degli scogli in mezzo alla tempesta mi ricorderà il tuo duro amore.

mercoledì 2 marzo 2011

Piove a Roma

Piove sui sampietrini tra i vicoli del centro, su cui aleggiano ebbre creature venute da lontano, chiuse tra stivali di gomma e minuscoli ombrelli. Piove sulle antenne del mio terrazzo che affondano nel cielo come avide esche a caccia di sogni. Sogni di gente chiusa dietro vetri lucidi ed insensibili , allampate dai bagliori delle televisioni accese. Gente che non sente più il rumore di quella pioggia dimenticata sui tetti, che si abbatte disperata su questi muri sordi che sembrano sudare. Muri millenari che offrono un riparo al vagabondo che ancora li sa ascoltare, che sente quelle gocce cadere sulle squillanti cupole, scendere dai tetti infradiciti, sulle persiane di legno sgarupate, fino alle strade. Ascolta egli questa melodia melanconica a cui partecipano le meravigliose fontane ed i suoi scuri tombini, i gravi autobus e gli stridenti binari, i muretti sgocciolanti e i silenziosi pini, musica che penetra calda nelle sue labbra attraverso quella bottiglia che lo allatta come il capezzolo di una lupa selvaggia. Stretto nell'abbraccio di una madre ritrovata, nel crescendo languido di uno scroscio improvviso, il mondo grato gli tributa quest'ultimo composto applauso prima di dormire.

domenica 27 febbraio 2011

La Repubblica

<<Ma>> chiesi io <<un uomo giusto può danneggiare un altro uomo?>>
<<Indubbiamente!>> rispose lui. <<Chi è malvaggio e ostile si deve ricambiare con il male.>>
<<Ma se si trattano male i cavalli, essi diventano migliori o peggiori?>>
<<Peggiori.>>
<<In rapporto alle qualità dei cani o dei cavalli?>>
<<Dei cavalli.>>
<<E se si maltrattano i cani, essi diventano peggiori in rapporto alle qualità dei cani, non certo dei cavalli.>>
<<Inevitabilmente.>>
<<E non dobbiamo dire, amico mio, che gli uomini, se ricevono del male, diventano peggiori in rapporto alle qualità umane?>>
<<Senza dubbio.>>
<<Ma la giustizia non è una virtù umana?>>
<<Anche questo è certo.>>
<<E dunque, caro mio, gli uomini, se vengono maltrattati, non possono non diventare più ingiusti.>>
<<Forse è così.>>

(Platone, La Repubblica, Libro I) 

lunedì 21 febbraio 2011

Casal Bruciato

 Descrivere questo quartiere non è semplice, perché non si riesce ad afferrare qualcosa che lo caratterizzi nel concreto. Cercherò allora di raccontarlo attraverso la mia storia; la storia di un bambino che vi ha trascorso parte della sua infanzia. Come tutte le storie, anch'essa una storia di amore e sofferenza. La sofferenza come temporanea mancanza di amore. Non soffriremo dunque senza amore? Ma si può pensare di rinunciare a ciò che impreziosisce di più le nostre vite? Per mia nonna, i suoi due nipotini, io e mio fratello A.
    

venerdì 18 febbraio 2011

Formiche

Vorrei bere tè e fumare, solo bere tè e fumare, fino a perdere il mio corpo , rimanere una forma di soli pensieri,  sollevare da loro questo involucro dietro cui vigliacchi si nascondono, finalmente smascherarli. E’ lì dietro che questi schifosi si nutrono della mia anima, non con la possente voracità di Saturno, ma con la lentezza di un branco di formiche che consumano lentamente un animale legato e gettato nella loro tana, legato senza possibilità di muoversi, che sente queste bestiole penetrarlo nelle sue parti più intime, morderlo nelle parti più tenere, prosciugarlo e corroderlo senza versarne una goccia di sangue.
Eccomi, sbranatemi pure ridicoli animali privi di senso e di ragione, cechi merdosi figli di puttana, prodotti di una vita che vuole solo riprodursi e rigenerarsi senza rispetto , senza domande, senza eccezioni. Mangiate i miei occhi, nutritevi delle mie lacrime finché ne potrò produrre. Come siete arrivati ad abitare la superficie di questo mondo che non merita di essere scrutato dai vostri piccoli occhi famelici, non merita di essere percorso da quelle zampette schifose? Quale forza malvagia ha dato la prima scintilla a questa mostruosità, permettendo all’universo di guardare se stesso, ad una mano artigliata di squarciare il suo stesso ventre per scrutarvi dentro? Figli del diavolo. Tornatevene nelle vostre tane, scarnificato fino alle ossa restituitemi indietro la vita, senza il futuro. Restituitemi gli occhi per guardare la lucente bellezza, la bocca per assaporarla, la pelle per toccarla, le orecchie per non restare ancora sorpreso da questo silenzio.

domenica 13 febbraio 2011

Dentro il Tevere

Sono sceso negli inferi della mia città, calandomi in una delle sue crepe, nella sua ferita più evidente, una cicatrice liquida che attraversa il suo volto asciutto. Il Tevere la mattina presto, vissuto vicino alle sue acque. Vista da sotto sembra che Roma viva sulle sue acque, tutto il mondo sembra galleggiare sopra un elemento liquido. Ritroviamo là sotto gli antichi filosofi: Talete, Eraclito. Tutto scorre. Nulla è più lo stesso. Mi sembra impossibile che milioni di persone lassù possano ignorare questa corrente che scorre sotto di loro, che attraversa la città nel suo profondo. Acqua che arriverà a mare, evaporerà in nuvole, diventerà pioggia, attraverso argini e canali nutrirà terre o irrigherà campi che seccheranno al sole, che genereranno umidi frutti. Acqua che disseterà uomini ed animali, si trasformerà in sangue che nutrirà i nostri pensieri. Solo il tempo a dividerci, con la sua mano tesa a impedire il nostro destino di unità.

Corro sulla mia bici accanto alla corrente, per qualche istante la mia vita sembra intrecciarsi alla sua, vorrei abbandonare la pista ciclabile ed andare sull'altra parte del fiume, dove ci sono i pescatori che vengono da lontano, dall'Europa dell'Est. Vorrei sorridergli, salutarli, stringergli la mano. Ma mi rendo conto che sarebbe lo stesso. Sarebbe ancora guardare la vita da dietro un vetro, sarebbe come rimanere su questa pista. Adesso mi sembra di vedere la realtà con gli occhi di questo vecchio fiume: da una parte la vita; dall'altra una lunga lingua di asfalto su cui le persone si muovono come figurine di cartone trascinate da un tapis roulant. Da una parte i pesci primordiali nella profondità del fiume, i gabbiani che sfiorano la sua superficie e pochi uomini, tra cui i pescatori: il Tevere solo a loro sembra appartenere. Il fiume è il nostro profondo abbandonato e dimenticato, la parte del nostro spirito tradito agli ideali della Grande Città.

Lungo il Tevere

Ho visto mille cose questa mattina: il tevere scorrere sotto la mia città, buste di plastica come fiori secchi sulla riva del fiume, bottiglie danzare nei suoi vortici, troni abbandonati da re-straccioni sulle sue sponde; e lui distendersi a valle, sciogliendosi dolcemente al sole di un mattino incerto.


 




sabato 5 febbraio 2011

Guernica a Roma



Oggi sono stato (per la prima volta) al Cimitero degli Inglesi alla piramide di Caio Cestio, ed uscendo da li, poco lontano, mi sono imbattuto in questa enorme installazione "X-Ray Guernica" di English, effettuata per il progetto di Urban Art dal nome "Absolut Wallpaper Roma" (roma-rivisitazione-di-guernica-allex-mattatoio-di-testaccio) . Ho riconosciuto il prezioso ed invisibile filo che stiamo cercando di inseguire, che ci aveva portato lontano facendoci un po' smarrire.

Guernica al Reina Sofia

Ho visto il Guernica al Reina Sofia. Le donne con il figlio morto in braccio erano strazianti. Quelle immagini esprimono la rabbia e la disperazione di un animale ferito mortalmente. Ecco, c'era nel loro dolore una passione disumana, un abbandono completo che le restituiva alla loro natura più arcaica. E poi un video sui campi di concentramento tedeschi, dove i cadaveri dei detenuti ebrei venivano spostati con un caterpillar dentro una fossa comune. Nemmeno nelle raffigurazioni medievali dell'inferno si è riusciti a rappresentare la morte, la disgrazia e la maledizione umana in questo modo.

Inseguiamo quel filo allora..



Spero che non rimaniate delusi nel vedere queste poltrone blu una accanto all'altra; ma non le ho scelte io, sono venute fuori da sole.
Sono emerse dalle poche foto che ho da parte, tirando quel filo che per ora abbiamo deciso di inseguire. Che cosa ne possiamo ricavare? Apparentemente nulla. Ma non avremo potuto dire la stessa cosa di qualsiasi altra immagine avessimo deciso di mettere qui? Forse si. L'unica cosa che per ora si è imposta è la ricerca di una traccia invisibile. Si tratta dello scompartimento di un treno regionale, non più fermo alla stazione termini, ma in viaggio verso sud. Apparentemente ci stiamo allontanando dal nostro tema, ma potrebbe anche non essere così. Questo scompartimento è vuoto, completamente vuoto, ed io sono l'unico passeggero, cosa che mi toglie dall'imbarazzo di fare foto senza ricevere sguardi indagatori. Lo scompartimento vuoto mi riporta per contrapposizione a delle immagini che ho da poco visto in un museo di Madrid, il Reina Sofia; non potevo immaginare che il nostro treno ci conducesse così lontano..


venerdì 4 febbraio 2011

Partiamo da un qualsiasi dettaglio


Una qualsiasi riflessione significa in qualche modo applicare un modello, estendere un'osservazione ad un altro ambito, differente da quello iniziale su ci si è fatta esperienza. Questo processo può avvenire in due direzioni: con uno sguardo cogliere il tutto, riconoscere la legge che sovrasta e ritrovarla in ogni dettaglio; è il punto di vista di chi è in alto, è l'occhio di Dio che conosce l'intera creazione in maniera immediata. Il nostro punto di vista è più umile, parte dal basso, parte dall'osservazione dei dettagli e nella loro confusione cerca di scovare un filo conduttore, lo segue, cerca con esso di legare insieme le infinite cose che popolano la realtà. Quel filo si perde, a volte si interrompe o si spezza, solo raramente contribuisce a formare con qualche pezzo un'immagine più complessa. Ma ha un paio di innegabili vantaggi: parte da un dato di realtà, per quanto piccola, meschina ed insignificante essa sia; si avvale poi della semplice vista. Nella foto screpolature sul rivestimento di plastica di un finestrino di un treno regionale, fermo alla stazione Termini. Il tema della nostra ricerca è Roma, cercare di capire cosa vi accade, scrutando irrispettosi attraverso le crepe della sua decadenza, attraverso le pieghe profonde della sua pelle, insinuandoci nel suo passato per cercare di indovinare il nostro futuro; è un modo per prolungare le nostre vite e sconfiggere la morte; è dunque un'illusione. 

giovedì 3 febbraio 2011

Benvenuti a tutti


Ho aperto questo blog da uno dei mille terrazzi che si affacciano su questa Città, per mostrare il modo in cui io la vedo: insostituibile, meravigliosa, tollerante, vecchia, sporca, decadente, serena come una vecchia puttana. Non ho grandi ambizioni, solo pubblicare qualche foto e da lì partire con qualche riflessione, a cui spero partecipiate anche voi. Buon viaggio.