era seduta sulla cappelliera del mio scompartimento.
Si agitava convulsamente nel tentativo disperato
di squarciare il velo che separa le nostre realtà.
Ed alla fine, ahimè, non vi è riuscita:
esausta, triste e disperata si è abbandonata
piangendo la sua sorte di relegata tra il dentro e il fuori,
prigioniera di un tempo che scorre diverso dal mio.
Ed io dall'altra parte non sapevo cosa fare:
la sua danza primitiva era folle e bella
finché rimaneva imprigionata in quell'azzurro velo,
e mi turbava l'idea di un fantasma libero,
preso da una sorta di gelosia la volevo tutta per me.
Ed allora lei è morta così, come Ercole uccisa da una tunica avvelenata.
Ma ero io il perfido Nesso, ero anch'io l'innamorata Deianira,
ero ancora io il fantasma dietro la tenda,
sempre io che morivo vittima del mio veleno.
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