Seguendo un suggerimento sulle pagine del Corriere della Sera di Roma del 15 Agosto, ho prenotato una passeggiata narrante nel ghetto di Roma. Più precisamente un piccolo gruppo teatrale ( Strolling Stories ) porta a passeggio gli spettatori, calandoli nelle atmosfere delle cupe vicende sviluppatesi intorno al conte Francesco Cenci e reinterpretando le Cronache italiane di Stendhal attraverso la narrazione di una delle sue vittime: la sposa Lucrezia Petroni. La drammatizzazione è essenziale e delicata. Le fa da cornice il monte dei Cenci con i suoi cupi palazzi, che sembrano partecipare con la loro silenziosa e profonda voce alle vicende narrate, aggiungendo un terzo implicito livello alle due linee narrative offerte dalla voce appassionata di Giovanna Conforto (che interpreta il personaggio di Lucrezia e che parla diretta ed immediata alla nostra anima) e da quella chiara di Daniela Corradini (che riporta la vicenda nel suo ambito storiografico, rivolgendosi alla parte razionale di noi) .
Il tutto funziona arrivando a toccare le nostre corde , facendo rivivere per qualche istante le passioni che sono circolate intorno alle vicende narrate e ponendo lo spettatore nella situazione emotiva in cui si trovava tutto il popolo romano davanti al supplizio della giovane Beatrice, in quel Sabato mattina dell' 11 settembre 1599: una situazione carica di pietas ed impotenza, in cui la vicenda umana oltrepassava i limiti imposti dagli irrigidimenti sociali e dal conformismo imperante. Una situazione in cui tutti, vittime, spettatori, carnifici, si sentivano inseriti nella trama di un destino ineluttabile e sovradeterminato. La stessa atmosfera a cui si erano ribellati il conte Francesco e la figlia Beatrice con opposte vie, l’uno usando la violenza come mezzo di rivalsa ad una società ipocrita e conformista, l’altra ribellandosi alla violenza e ripristinando con il proprio sacrificio i valori della morale fondante, ma portandoli ad un livello più alto rispetto al loro punto di partenza, restituendo loro quella nobiltà e quell’umanità che l’amministrazione ecclesiastica dello stato gli avevano tolto. Si comprende allora, la partecipazione corale dell’intera società dell’epoca alla vicenda e l’uniforme richiamo del popolo davanti al patibolo, che diventa luogo di sacrificio.
Il tutto funziona arrivando a toccare le nostre corde , facendo rivivere per qualche istante le passioni che sono circolate intorno alle vicende narrate e ponendo lo spettatore nella situazione emotiva in cui si trovava tutto il popolo romano davanti al supplizio della giovane Beatrice, in quel Sabato mattina dell' 11 settembre 1599: una situazione carica di pietas ed impotenza, in cui la vicenda umana oltrepassava i limiti imposti dagli irrigidimenti sociali e dal conformismo imperante. Una situazione in cui tutti, vittime, spettatori, carnifici, si sentivano inseriti nella trama di un destino ineluttabile e sovradeterminato. La stessa atmosfera a cui si erano ribellati il conte Francesco e la figlia Beatrice con opposte vie, l’uno usando la violenza come mezzo di rivalsa ad una società ipocrita e conformista, l’altra ribellandosi alla violenza e ripristinando con il proprio sacrificio i valori della morale fondante, ma portandoli ad un livello più alto rispetto al loro punto di partenza, restituendo loro quella nobiltà e quell’umanità che l’amministrazione ecclesiastica dello stato gli avevano tolto. Si comprende allora, la partecipazione corale dell’intera società dell’epoca alla vicenda e l’uniforme richiamo del popolo davanti al patibolo, che diventa luogo di sacrificio.
Ritornando al faceto, lo spettacolo è un ottimo inizio per un continuo di serata al ghetto, magari per immergersi spensierati (o pensierosi) tra le antiche mura, forse coccolati da qualche buon piatto della cucina kosher, o per tornarsene semplicemente a casa con l'illusione di aver aggiunto un prezioso tassello a questo incomprensibile mosaico che è la nostra città.
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Stasera andrò alla serata su Vittoria Accoramboni a Borgo Pio, la sua recensione mi ha incuriosito risolvendo una indecisione verso un andare.
RispondiElimina+ a volte hcade :p
Grazie per la recensione,
R