sabato 5 febbraio 2011

Guernica a Roma



Oggi sono stato (per la prima volta) al Cimitero degli Inglesi alla piramide di Caio Cestio, ed uscendo da li, poco lontano, mi sono imbattuto in questa enorme installazione "X-Ray Guernica" di English, effettuata per il progetto di Urban Art dal nome "Absolut Wallpaper Roma" (roma-rivisitazione-di-guernica-allex-mattatoio-di-testaccio) . Ho riconosciuto il prezioso ed invisibile filo che stiamo cercando di inseguire, che ci aveva portato lontano facendoci un po' smarrire.
Bene, rieccoci di nuovo qui nella nostra città. Di nuovo una foto da cui partire, fatta all'interno del cimitero degli Inglesi. Forse qualcuno la troverà un po' macraba, ma ahimè la morte è parte essenziale della nostra vita e riversa  i suoi oscuri influssi sulle nostre umane azioni, ben più di quanto riusciamo ad esserne coscienti. Il nutrirsi, il ripararsi dal freddo, il dissetarsi, la soddisfazione dei nostri appetiti sessuali e tutto quanto legato direttamente ed indirettamente a questi bisogni (la rierca di un pasto, di un lavoro, di una casa)  può essere visto come una risposta ontogenetica alla morte. Ma anche quei gesti che sembrano non essere sfiorati dalla vecchia signora con la falce, sono vincolati ad essa da un filo robusto ed invisibile:  Il nostro andare al lavoro la mattina, il desiderio di maternità e paternità, lo stare insieme agli altri e sottostare a precise regole di convivenza, qualcuno sostiene che sia una risposta filogenetica alla morte: poco male. Ci sono ambiti in cui poi il desiderio di continuazione del singolo e quello di specie si sovrappongono e divengono quasi indistinguibili (la partecipazione e l'affermazione nel sociale), altri in cui questi desideri si ripiegano su se stessi in maniera patologica. In ogni caso l'ombra della morte  si allunga sulle nostre vite e ne influenza i comportamenti , dai più piccoli ed insignificanti a quelli di più ampio respiro. La nostra vita descritta in questo modo somiglierebbe molto a quella di uno schiavo, che ha temporaneamente acquisito la libertà attraverso una fuga od un sotterfugio, ma che si sente continuamente braccato dal suo padrone, con l'ineluttabile sensazione che verrà prima o poi raggiunto. Ma cerchiamo un punto di vista diverso, una visione più integrata in cui la morte la faccia meno da padrona!
 Ritornando alla foto, trovo che quel lungo viale, alla sua destra denso di lapidi, rappresenti piuttosto bene la vita nostra. Non possiamo vedere la sua fine, ma sappiamo che ad un certo punto esso si richiude su se stesso. Come in un quadro di Escher, esiste un punto incomprensibile alla ragione umana, in cui le due parti apparentemente inconciliabili si uniscono. Camminiamo distrattamente verso quel punto in cui ci aspetta la nostra croce. Per un istante forse saremo al centro di quel vortice cosmico, in bilico tra due mondi, pronti a farci da parte, a passare dal lato delle fredde ed insensibili lapidi che accompagnano mute, ceche e sorde la beata passeggiata di chi cammina accanto a loro, sul lungo viale. Dal quadro di Escher apprendiamo un elemento che per ora non abbiamo introdotto nella nostra discussione: la ciclicità. O anche: la completezza. Nella foto ci siamo preoccupati di analizzare quello che ci attendeva davanti a noi, senza preoccuparci in nessun modo di guardarci alle spalle. Non ho un'altra foto, ma il viale dietro di me si presenterebbe simile a quanto fotografato di fronte. Quel punto oscuro si cela anche dietro di noi, ed è simile all'altro. Possiamo dire che siamo uniti ai due punti da un doppio binario: dal viale su cui camminiamo e su cui camminano altre persone insieme a noi, a diverse velocità ma nella stessa direzione;  ed oltre la siepe, le orme di coloro che ci hanno precedeuto e che seguiranno. E' sbagliato pensare in termini cronologici e sequenziali: oggi siamo vivi sul viale, un giorno saremo insieme a mille altri oltre la siepe freddi ed insensibili. Siamo già in entrambi i posti. Già morti in questo istante e vivi per sempre.

1 commento:

  1. Pasolini 1953
    -Picasso-

    Nel tremito d’oro, domenicale

    di Valle Giulia, la nazione è calda,

    silenziosa: la sua innocenza è pari

    alla sua impurezza. Sembra arda

    di popolare gioia, ed è una noia

    irreligiosa che solare si sparge

    sui floreali gessi e i gran ventagli

    degli scalini.
    ....
    Sfortunati decenni così vivi

    da non poter essere vissuti

    se non con un’ansia che li privi

    di ogni quieta conoscenza, con l’inutile

    dolore di assisterne la perdita

    nella troppa prossimità
    ...
    si fanno infamanti

    feste, angelici cori di carogne:

    testimonianza che dei doloranti

    ...

    nostri anni può la vergogna

    esprimere il pudore, tramandare

    l’angoscia l’allegrezza: che bisogna

    essere folli per essere chiari

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