martedì 21 agosto 2018

Appunti dalla Marina

20/06/2014

Oggi, con l'occasione di una passeggiata a Montalto, ho cercato di comprendere come il mio rapporto con la natura si annodi con i miei sentimenti, con le mie ansie, le mie vicissitudini, il mio modo di sentire il mondo e di concepire il rapporto con gli altri.... in una sola parola come esso sia in grado di svelare me stesso.

Ho, è vero, una predilezione nel ricercare l'essenza della natura in quegli scorci che svelano attorno ad essa una traccia umana decadente o decaduta. E' come se la natura vivesse in me una dimensione storica e narrativa, per certi aspetti infantile, dove essa cerca lentamente di recuperare il suo stato di purezza e di eden ancestrale minacciato dall'uomo. E' per me allora una vera gioia ritrovare spazi abbandonati  che vengono lentamente riconquistati prima dalle erbacce, poi da rovi, poi dal sottobosco, poi dagli alberi ed infine dal bosco. In questo processo la natura si  reimpossessa di questi spazi fagocitandoli lentamente, in un processo digestivo lento, ma inesorabile, alla fine del quale risputa fuori solo plastiche colorate o altri materiali non degradabili, che rimangono a testimonianza della vecchia <<civiltà>>, come le bianche ossa di un'antica preda lasciate a seccarsi al sole. Ora in questa visione sono mescolati insieme diversi aspetti, tra cui annovererei, la sofferenza della deturpazione e l'illusione che essa possa essere sempre riassorbita ed in qualche modo direi divorata da un insaziabile pitone dalla pelle bella ed iridescente; Una generale ostilità verso l'uomo, che mi fa prediligere della natura quelle scene dove essa vi si trova in contrapposizione, conflitto o  competizione.
Per ampliare il quadro di tale rapporto occorre anche considerare come, sul versante completamente opposto, io rimanga altrettanto estasiato davanti alle grandi opere umane quando esse si trovano immerse nella natura. E' evidente che in tal caso i meccanismi che vengono ad agire sono quantomeno differenti sostituendosi alla contrapposizione prima descritta, una giustapposizione tra uomo e natura in cui ognuno dei due poli esalta l'altro e lo valorizza; in cui l'uomo partecipa alla natura e la completa con le sue opere. Alla luce di questo accostamento si capisce anche la mia predilezione per l'edera, per il glicine, per la vite americana che riesco ad ammirare pienamente quando si trovano a ricoprire le pareti di un edificio, impreziosendole; In tale caso infatti non è tanto una natura portatrice di bellezza che ingloba o più semplicemente nasconde  le volgari fattezze di un edificio, secondo una logica di contrarietà; quanto piuttosto un ricoprire qualcosa per completarlo. A differenza di un albero, forma compiuta e solitaria, l'edera ed il glicine quando immaginati da soli donano un'idea di vacua forma e di malata essenza, che somiglia a quella di un vuoto vestito di fiori e foglie appeso su una sottile stampella di fil di ferro. Nel caso in cui l'edera, il glicine, ma anche la vite, si inerpichino su delle strutture di calce e pietra, la forma della natura veste l'opera dell'uomo dando un beneplacito di appartenenza al suo mondo.

L'albero appunto, rappresenta invece una forma biografica ed in tale termini è apparso a volte nei miei sogni; più precisamente sotto forma di pino; in realtà sotto forma dei pini che abitano appunto il mio piccolo giardino di Montalto. Ricordo ancora con enorme piacere la prima volta che li vidi: erano stati appena interrati, questi sei giovani pini, dentro le loro grandi buche, che erano state da poco ricoperte di terra; ed introno ad ognuno di essi, si era mantenuto un piccolo fossato circolare, per fare in modo che l’acqua non scappasse via disperdendosi intorno. Vedendo le foto di allora sembrano così piccoli e fragili. In quel periodo credo che l’innaffiatura del giardino consistesse nel riempire d’acqua la sera queste fosse di terra, insieme a quella scavata intorno al perimetro del giardino, dove era stata piantata invece, con molta meno lungimiranza, una curiosa specie di <<pinetto>> orientaleggiante, disposto appunto a formare una fitta siepe perimetrale ed avente una foglia azzurra da una strana forma reticolare. Per innaffiare questi <<pinetti>> veniva messo il tubo nel canale che vi si era scavato dietro , proprio in corrispondenza del perimetro, in modo tale da permettere all’acqua di defluire lungo tutto il solco impegnando, in teoria,  un unico punto di alimentazione. Ma naturalmente, a causa di difetti nel solco, o di piccole barriere che si venivano a creare con il fogliame secco prodotto dalle stesse piante, l’acqua veniva sempre a straripare fuori dal solco, creando degli enormi pantani su cui poi bisognava camminare per andare a spostare il tubo.

Romantico è un termine usato a fini di compiaciuta diffamazione, cui si può ricorrere facilmente per screditare posizioni d’avanguardia, così come il termine decadente vale a denunciare ben più spesso i tratti genuinamente progressivi di una cultura morente che non i veri fattori di decadenza.

Marcuse, l’uoma ad una dimensione

mercoledì 23 novembre 2016



Oggi, 31 Ottobre 2016, a più di due anni dalla sua esecuzione scrivo su questa foto che esprime un tragico non senso .
Vi è in quella sedia seduto qualcuno che, pur avendo un esteso e complesso paesaggio di fronte a lui, non riesce ad osservarlo a causa del muro, rispetto a cui si trova troppo vicino. E' la sete di conoscenza che lo ha spinto li, e che forse lo ha portato a privarsi di una vista che sia soddisfacente. E' il mondo dietro quel muro che ovviamente lo attrae e lo spaventa, come qualsiasi baratro su cui si affacci occhio umano. Quello che rende però il senso dell'assurdo  è l'altezza del muro davanti cui è posta la sedia. Si direbbe che esso non è fatto per proteggere, come una normale balaustra o come il limitrofo muricciolo perimetrale. Si direbbe che esso nasca per impedire, per ostacolare. In primo luogo la vista, ma subito viene spontaneo aggiungere il pensiero, la fantasia, il semplice piacere dell'osservazione.
Vi è poi l'assenza che domina questa immagine. L'assenza della persona sulla sedia, che è potenziale presenza oltre il muro. E tale presenza, proprio in quanto rappresentata dal suo contrario, diviene portatrice di tutti quegli elementi che vi sono negati : libertà, come assenza di limite, costrizione od ostacolo. Libertà di una caduta, come presenza di una gravità che non è più limitata in basso da un soffitto sottosopra, che con l'inganno di sostenerci, impedisce un volo verso il basso. Movimento e danza , come opposto ad un'immobilità che sa di formalina. Una città viva come un essere vivente sullo sfondo, ma senza un codice che sviluppi forme frattali cristallizzate in memorie di cemento. Una città che fuoriesce da un bosco primordiale , che è essa stessa un bosco primordiale, che in ogni istante assume le sue forme presenti e future, contrapposta e coperta da quel muro che rappresenta la forma compiuta, ma necrotica, di un corpo abbandonato.
La prua di un vascello abbandonato, che solitario galleggia. Un bastimento che non porta da nessuna parte, Carontica imbarcazione alla deriva tra le due sponde dell'averno. E' il vascello della conoscenza nel mare dell'esperienza. In quel mare si sono tuffati i suoi antichi marinai, trasformando in furente riso il loro triste pianto. 

lunedì 12 marzo 2012

Noli me tangere ossia Gesù e Maria Maddalena al pranzo di Babette


 
Oggi sono rimasto fermo, immobile dinanzi a questa opera ed al mistero che essa racchiude; mistero celato nello sguardo dei suoi  protagonisti, nei loro gesti. Fermo a chiedermi: <<Come è possibile che Gesù abbia formulato simili parole? >>. Il suo sguardo è rassicurante, anche se non completamente sereno. Vi si legge appena un’onda d’inquietudine, un fremito che tradisce forse un qualche rimprovero nei confronti della Maddalena. E queste parole, anche nella forma di un “non mi trattenere”, assomigliano più ad un imperativo che ad un’esortazione, più ad un rimprovero che non ad una preghiera.

Convalescenza

Mi sono affezionato alla mia tosse, alla mia cecità, ai miei occhiali.
E poi ancora mi sono affezionato alla mia cura, alla mia malattia.

E voi a cosa vi siete affezionati? Alle vostre calze sporche, ai vostri pigiami?
Al fondo del tè dentro le teiere, fatto di limoni lessi che hanno ormai dato?

Al silenzio mi sono affezionato, al tempo che passa uguale a se stesso che scende sul tempo di prima,
aggiungendo altro tempo ad un tempo che scorre si accumula e mai straborda dal bordo del tempo.

Alle lattiere bruciate, ai lampioni mai spenti che ammassano la loro luce polverosa su questa città
stanca, come i miei occhi che hanno smesso di guardare.

Roma, 27/02/2012

mercoledì 14 dicembre 2011

Il Portiere di Notte all' Azzurro Scipioni

Questa domenica sono stato all'Azzurro Scipioni ( http://www.azzurroscipioni.com/ ) , che segnalo con un certo entusiasmo, in apparenza (e credo nella sostanza) una tempio di cinema e poesia (nel volantino c'è scritto <<ingresso gratuito ai netturbini>>), programmato da Silvano Agosti ( http://www.silvanoagosti.com/ ).

Il film che ho visto è stato <<Il portiere di notte>> (1974) della Cavani, un film che parla di noi, degli uomini tutti, dell'impossibile fuga dal male e dal dolore che ci appartiene, del conseguente tentativo di rifugiarsi nell'amore come unica via d'uscita. Parla della follia, mettendone in luce le difficoltà di definizione quando la ragione diviene non più contrapposta o giustapposta ad essa ma subalterna ad una passione che è tutt'altro che animale; è anzi essa stessa , passione e follia, la sola cosa che rimane umana, l'essenza stessa dell'umanità.

martedì 6 settembre 2011

Fine d'estate

Dopo una breve ricerca ho ritrovato Cassiopea, ma le stelle dell'Orsa Maggiore sono sparite, nascoste tra l'alone di luce del Ministero Aeronautica.

A. mio, lo ricordi quel campo da tennis abbandonato nel bosco?
Cosa ci hanno insegnato quelle lunghe estati a S.Lorenzo passate insieme sul campo a giocare la nostra interminabile partita? Cosa ci hanno insegnato quei lunghi meriggi estivi passati davanti al solito film di Bud Spencer o Franco e Ciccio? E quelle interminabili passeggiate in macchina ad ascoltare De Andrè? I nostri occhi appena sopra il finestrino: avari nello scrutare un  mondo carico di seducenti misteri, mai svelati in quei paesaggi sempre uguali a se stessi: le vigne, i campi di girasole, i cartelli pubblicitari al bordo della strada. E poi il tempo del ritorno, che celava qualche volta la speranza di ritrovare i nostri genitori, la loro macchina parcheggiata sotto casa, in un tempo senza telefoni in cui tutto era possibile e la felicità ancora così a portata di mano.

mercoledì 17 agosto 2011

Parlano le mura di palazzo Cenci (con la voce delle Strolling Stories)

Seguendo un suggerimento sulle pagine del Corriere della Sera di Roma del 15 Agosto, ho prenotato una passeggiata narrante nel ghetto di Roma. Più precisamente un piccolo gruppo teatrale ( Strolling Stories ) porta a passeggio gli spettatori, calandoli nelle atmosfere delle cupe vicende sviluppatesi intorno al conte Francesco Cenci e reinterpretando le Cronache italiane di Stendhal attraverso la narrazione di una delle sue vittime: la sposa Lucrezia Petroni.  La drammatizzazione è essenziale e delicata. Le fa da cornice il monte dei Cenci con i suoi cupi palazzi, che sembrano partecipare con la loro silenziosa e profonda voce alle vicende narrate, aggiungendo un terzo implicito livello alle due linee narrative offerte dalla voce appassionata di Giovanna Conforto (che interpreta il personaggio di Lucrezia e che parla diretta ed immediata alla nostra anima) e da quella chiara di Daniela Corradini (che riporta la vicenda nel suo ambito storiografico, rivolgendosi alla parte razionale di noi) .

martedì 16 agosto 2011

Sfilata davanti ad un misantropo (al tempietto del Bramante)

25 marzo 2011, San Pietro in Montorio, tempietto del Bramante, un misantropo scrive seduto sulle scale...

Mi chiedo imbarazzato se ci sia qualcosa che mi renda felice e mi appaghi completamente. Mi verrebbe da rispondere che si, una cosa c'è: il contatto con la natura ed insieme ad esso un allontanamento dagli uomini. Le loro voci rumorose mi arrivano come grossolane e volgari. Parlano del tempietto del Bramante che si trova alle mie spalle: <<E' bellissimo, hanno fatto bene a farlo all'aperto.>>, ..3 donne, all'accademia spagnola. Ho perso fiducia nel prossimo o forse non ho ancora smesso di averne paura. Mi piacciono quelle figure delicate, dal tono soave della voce, che parlano silenziose e intervallano le brevi conversazioni con delle lunghe pause.

giovedì 11 agosto 2011

Il frutto amaro di un fiore mai colto

Troppo piccolo il cuore per contenere le infinite possibilità della vita,
troppo avaro per lasciarne andar via anche una soltanto.
Ed in questo perenne sovraffollamento rischia di scoppiare,
spargendo al suolo i frutti amari di quei fiori mai colti.
Triste libagione che propizia un triste  Dio.

Ed allora cosa possiamo fare? Forse scegliere?
Come Adamo ed Eva posti davanti all'albero della conoscenza
qualsiasi decisione prenderemo, il nostro paradiso ci verrà sottratto.

Se scegliere non si può, ricorreremo all'inganno:
Ci faremo mendicanti e raccoglieremo  quei resti lasciati sul terreno.
Ci faremo bari al cospetto di Dio per reinserirli nel ciclo infinito dell'esistenza
e concederci un'unica possibilità.

Ed arriverà forse il nostro tempo:
mille vite prima dell'unica insieme a te
E mille altre dopo ne tollererò ancora,
per quell'unico istante insieme.

domenica 7 agosto 2011

L'estasi della Sciamana

Ho visto ballare una sciamana impazzita
era seduta sulla cappelliera del mio scompartimento.
Si agitava convulsamente nel tentativo disperato
di squarciare il velo che separa le nostre realtà.

Ed alla fine, ahimè, non vi è riuscita:
esausta, triste e disperata si è abbandonata
piangendo la sua sorte di relegata tra il dentro e il fuori,
prigioniera di un tempo che scorre diverso dal mio.

lunedì 25 luglio 2011

Auditorium Madrid

Questo Albergo assomiglia ai recessi di certi pensieri:

Immenso, grandioso, con degli interni pretestuosi.
Ma lontano dalla vita vera.
Tutto vuole sembrare più grande , anche il tempo ha bisogno di cento pendole per non arrivare in ritardo. E tanti camerieri si affaccendano qui dentro per niente. 
Servendo una vita di plastica che solo serve a dormire una notte o due. Ma non di più. Per dormire a lungo serve la vita vera, quella opaca e senza riflessi che si trova semmai in alcuni alberghi del centro. 

La cosa che appare più strana è come tutto questo cemento possa reggersi in piedi su basi così molli. Sembra un elefante in equilibrio su una ragnatela.  L'offerta week-end il lobby-bar il rapporto qualità-prezzo? Due elefanti ubbriachi sul filo di una ragnatela.  Ed il pianista? Una mosca solitaria caduta nella tela, che fa sentire il suo agonizzante ronzio. Ed il ragno non si vede. È nascosto bene. Ma anche questa è vita, come ogni miracolo forse più vita del resto!