mercoledì 23 novembre 2016



Oggi, 31 Ottobre 2016, a più di due anni dalla sua esecuzione scrivo su questa foto che esprime un tragico non senso .
Vi è in quella sedia seduto qualcuno che, pur avendo un esteso e complesso paesaggio di fronte a lui, non riesce ad osservarlo a causa del muro, rispetto a cui si trova troppo vicino. E' la sete di conoscenza che lo ha spinto li, e che forse lo ha portato a privarsi di una vista che sia soddisfacente. E' il mondo dietro quel muro che ovviamente lo attrae e lo spaventa, come qualsiasi baratro su cui si affacci occhio umano. Quello che rende però il senso dell'assurdo  è l'altezza del muro davanti cui è posta la sedia. Si direbbe che esso non è fatto per proteggere, come una normale balaustra o come il limitrofo muricciolo perimetrale. Si direbbe che esso nasca per impedire, per ostacolare. In primo luogo la vista, ma subito viene spontaneo aggiungere il pensiero, la fantasia, il semplice piacere dell'osservazione.
Vi è poi l'assenza che domina questa immagine. L'assenza della persona sulla sedia, che è potenziale presenza oltre il muro. E tale presenza, proprio in quanto rappresentata dal suo contrario, diviene portatrice di tutti quegli elementi che vi sono negati : libertà, come assenza di limite, costrizione od ostacolo. Libertà di una caduta, come presenza di una gravità che non è più limitata in basso da un soffitto sottosopra, che con l'inganno di sostenerci, impedisce un volo verso il basso. Movimento e danza , come opposto ad un'immobilità che sa di formalina. Una città viva come un essere vivente sullo sfondo, ma senza un codice che sviluppi forme frattali cristallizzate in memorie di cemento. Una città che fuoriesce da un bosco primordiale , che è essa stessa un bosco primordiale, che in ogni istante assume le sue forme presenti e future, contrapposta e coperta da quel muro che rappresenta la forma compiuta, ma necrotica, di un corpo abbandonato.
La prua di un vascello abbandonato, che solitario galleggia. Un bastimento che non porta da nessuna parte, Carontica imbarcazione alla deriva tra le due sponde dell'averno. E' il vascello della conoscenza nel mare dell'esperienza. In quel mare si sono tuffati i suoi antichi marinai, trasformando in furente riso il loro triste pianto.