Piove sui sampietrini tra i vicoli del centro, su cui aleggiano ebbre creature venute da lontano, chiuse tra stivali di gomma e minuscoli ombrelli. Piove sulle antenne del mio terrazzo che affondano nel cielo come avide esche a caccia di sogni. Sogni di gente chiusa dietro vetri lucidi ed insensibili , allampate dai bagliori delle televisioni accese. Gente che non sente più il rumore di quella pioggia dimenticata sui tetti, che si abbatte disperata su questi muri sordi che sembrano sudare. Muri millenari che offrono un riparo al vagabondo che ancora li sa ascoltare, che sente quelle gocce cadere sulle squillanti cupole, scendere dai tetti infradiciti, sulle persiane di legno sgarupate, fino alle strade. Ascolta egli questa melodia melanconica a cui partecipano le meravigliose fontane ed i suoi scuri tombini, i gravi autobus e gli stridenti binari, i muretti sgocciolanti e i silenziosi pini, musica che penetra calda nelle sue labbra attraverso quella bottiglia che lo allatta come il capezzolo di una lupa selvaggia. Stretto nell'abbraccio di una madre ritrovata, nel crescendo languido di uno scroscio improvviso, il mondo grato gli tributa quest'ultimo composto applauso prima di dormire.